D/ Il richiamo alla libertà individuale viene oggi spesso strumentalizzato creando confusione con egoismo e irresponsabilità nei confronti della collettività.
Ci può aiutare a riflettere sulla differenza fra quello che lei chiama “individualismo autistico” e la necessità ontologica di essere individuo per poter costruire un legame sociale?
Bisogna distinguere l’individuo dall’individualismo, che è la patologia, proprio come il nazionalismo è la patologia della nazione o l’identitarismo è la patologia dell’identità. Sono concetti di per sé buoni che vengono portati al loro estremo parossistico. L’individuo è di per sé un concetto buono, ognuno di noi esiste come individuo vivo nella società. L’individualismo è pensare che se esiste l’individuo non esiste nient’altro oltre di lui, e diventa una specie di atomo autocratico che basta a se stesso. La giusta società è una comunità di libere individualità, né annulla l’individuo nelle spire della totalità, né annulla la comunità nella forma degli individui autistici. Quindi bisogna ripartire dall’individuo e valorizzarlo nel quadro della comunità.
Il filosofo Adorno diceva che la condizione in cui l’individuo non conta più nulla è quello dell’individualismo sfrenato, di un autoritarismo senza più limiti.
D/ A proposito dell’obbligatorietà delle vaccinazioni di massa perché, al di là degli interessi economici delle casa farmaceutiche, tanto accanimento così cieco e trasversale, proprio in questo momento storico?
Io sono dell’idea che l’elemento economico non si possa mai scindere dal momento sociale. È del tutto evidente che se io sono una multinazionale che vende farmaci e vaccini, se posso e riesco a farlo, obbligo tutti a vaccinarsi. Se posso vendere più merci tanto di guadagnato per me. Il punto è tutto lì, cioè che in uno stato nazionale deve essere lo stato a gestire la sanità e non le multinazionali. Questo è il punto fondamentale. Oggi invece lo stato esiste, ove ancora esiste, ma diventa semplicemente una sorta di propaggine delle multinazionali e dell’economia. Se è lo stato “etico”, e uso questa espressione hegeliana, a dover decidere, dovrebbe avere come obiettivo la comunità dei cittadini, se sono le multinazionali è evidente che l’obiettivo è un altro. Quindi, secondo me, questo bisogna discutere oggi e non viene fatto a sufficienza.
Evidentemente il clima in merito alle vaccinazioni è al momento rovente è discuterne pacatamente è diventato davvero difficile.
D/ È possibile tracciare un confine fra la Filosofia, ossia pensiero e sapere, e la Medicina in quanto atto medico?
Il medico deve avere delle competenze tecniche senza le quali non può essere medico e sulle quali il filosofo non può dire assolutamente nulla. Banalmente se ho mal di pancia mi rivolgo al medico e non me ne importa niente se ha una formazione filosofica o se ha avuto un avallo dai filosofi. Se un medico è poi anche filoso tanto di guadagnato.
Approfondendo possiamo riflettere su che tipo di scienza sia la Medicina… è una scienza che a differenza delle altre ha a che fare con il particolare, non con un universale, perche ogni paziente ha una sua vita specifica. Potremmo dire che alla Medicina di oggi manca l’etica. Un medico può, a mio giudizio, fare benissimo il suo mestiere senza mai aver letto un rigo di Kant o di Cartesio. Ma può fare il medico senza un’etica?
Si incontrano questioni etiche fondamentali, ad esempio sulla questione dell’eutanasia o dell’aborto, che sono temi filosofici sicuramente aperti, sui quali non c’è una risposta univoca, mentre molto spesso vengono risolti unilateralmente.
Il tema dell’aborto è filosoficamente aperto, non ha una soluzione univoca. È un caso di omicidio o no? È la domanda fondamentale. E quando diventa omicidio?
La mia personale opinione è che essendo non risolvibile scientificamente, nel senso che non c’è un’oggettività della cosa, ogni individuo, nella fattispecie ogni donna, ha diritto di scegliere per sé secondo coscienza. Quindi la legge sull’aborto, così com’è, è giusta perché permette sia a chi è contro l’aborto di non abortire, sia a chi pensa legittimo farlo di farlo. Una legge opposta, che sanzionasse l’aborto non permetterebbe questa libertà.
Rispetto al fine vita la questione da porsi è questa: quando è legittimo che un individuo scelga di porre fine alla propria vita? In casi estremi come quello di DJ Fabo il dato è evidente, ma un individuo annoiato che vuole togliersi la vita ha diritto o no di farlo? Questo è il punto… fin dove è un diritto o fin dove un puro capriccio? Il caso di DJ Fabo è evidente, ma se si apre quel precedente come si fa a dire quando un individuo può e quando no?
D/ Ma non dovrebbe intervenire la scienza e la legislatura a creare un distinguo?
Ma quand’è che una vita è degna di essere vissuta e quando no? Chi lo decide?
È chiaro che, se ci affidiamo all’item sentire della società di massa, è indegna di essere vissuta ogni vita non produttiva immediatamente. Quindi togliamo le pensioni innanzitutto, mettendo a morte i corpo degli anziani, dei disabili e così via… è questo che bisogna evitare in una società. Come fare a porre un limite?
D/ Come difendere la libertà di scelta terapeutica?
Qui subentra un vecchio conflitto, a proposito di filosofia, tra l’etica della famiglia e l’etica dello stato: è il paradosso di Antigone. Se io individuo rispondo all’etica della famiglia perché devo rispettare, se cozza con la mia, l’etica dello stato? E allora è il caso di Antigone: se io voglio dare sepoltura a mio fratello perché è l’etica della famiglia, perché tu stato me lo impedisci? Antigone segue l’etica della famiglia ma lo stato lo impicca. Questo è il paradosso.
La stessa domanda possiamo porla sul tema della scuola dell’obbligo: io come famiglia non voglio mandare mio figlio alle elementari, voglio che non vada a scuola. L’etica dello stato, invece, mi impone di mandarlo, che fare?
Si dà per scontato che uno stato etico dovrebbe avere come obiettivo il bene della comunità, che gli individui stiano bene e non si ammalino. Nel caso della scuola, che siano formati e abbiano coscienza di sé come individui e in tema della sanità che siano preservati nella loro buona salute.
Ma se una multinazionale si sostituisce allo stato è chiaro che non ha quell’obiettivo, mira a venderti vaccini o a mandarti alle scuole private.
Allora non c’è più il conflitto tanto fra Antigone con lo stato, ma il conflitto di Antigone, come etica familiare, con un’entità che si è sostituita allo stato, la possiamo chiamare economia di mercato o multinazionale e così via, che però non ha come obiettivo l’interesse della comunità ma il proprio tornaconto. Nel caso dei vaccini bisogna capire bene la faccenda com’è.
Filosoficamente, ossia restando nell’ambito di mia competenza, senza entrare in merito a contesti che non sono i miei, mi preoccupano quelle posizioni molto forti con gesti da inquisizione, quando vedo un medico contrario ai vaccini di massa che viene radiato, quando vedo uno psicologo espulso dall’ordine perché si rifiuta di fare sue le nuove visioni gender/non gender. Questo mi preoccupa in sé a prescindere della specificità di campo, cioè la tendenza a fare una specie di repressione preventiva.
D/ I nostri associati e lettori sono persone desiderose di prendere in mano la loro salute e più responsabili rispetto a quella dei loro figli.
Vorrebbe dedicare a loro una motivazione per leggere il suo libro “Pensare Altrimenti”?
Potrebbero prendere ulteriormente coscienza di cosa significa andare contro, pensare diversamente a come si pensa, però mi sembra di capire che i vostri lettori già un po’ lo facciano. Magari potrebbero trovare conferma.
Naturalmente il miglior modo di conoscere un libro è leggerlo. E allora potrei girare la domanda chiedendo a loro, dopo averlo letto, di farmi sapere cosa hanno apprezzato del mio libro.
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