Un futuro da nominare e creare

Intervista a Igor Sibaldi, di Rita Vitrano

Quali possibilità di trasformazione abbiamo realmente oggi, come individui e come collettività?
Mitizzando i valori da recuperare, c’è chi progetta un futuro sempre più funzionale e gestibile grazie alla tecnologia, e sembra dimenticare il passato e l’essenza visibile e invisibile.
Tante le paure… quelle indotte spesso a sottacere quelle reali, soprattutto per noi, “la gente”.
Una scienza strumentale seziona, analizza, economizza e cerca soluzioni sempre più microscopiche, particellari, e noi tutti come sotto ipnosi.
Viviamo in un’illusione, creiamo internet e viviamo in rete, usiamo i social network per incontrarci e disertiamo la festa del vicino di casa.
È ancora possibile cambiare la direzione di questo processo?
Seguire con coraggio ciò che la nostra interiorità davvero ci dice di scegliere?
E se vogliamo sempre “capire” prima di fare che significato ha poi sperimentare, vivere?
… il punto è come andare oltre?

Igor Sibaldi cerca nelle Sacre Scritture messaggi per risvegliare la nostra coscienza, fra l’Essere e il Divenire, in un modo rinnovato di intendere il processo della Vita, il riappropriarci del nostro vero IO.
Ho scelto solo alcune fra le innumerevoli domande che avrei voluto porgli, perché ci aiutasse a riflettere in un modo nuovo, a rileggere e pensare in un modo nuovo, per partecipare individualmente al Cambiamento.

 Igor, siamo davvero arrivati alla fine di una fase della nostra civiltà e al passaggio verso un reale Rinnovamento?
Di certo siamo arrivati alla fine di un’epoca, ma non necessariamente a un Rinnovamento con la R maiuscola. Quando un’epoca finisce, alcuni Stati possono anche entrare in una fase di involuzione, di decadenza, e trasformarsi in relitti. In Italia, purtroppo, questo rischio è molto evidente.

Tu parli di “Evoluzione da praticare” ciascuno in se stesso, di una ”Teologia del quotidiano”, proponi una “nuova Psicologia dell’IO”… Che cosa significano?  Sono questi gli strumenti che abbiamo per essere interiormente liberi?
Penso siano strumenti utili. Quando una civiltà, un ordine sociale o appunto uno Stato entrano in una fase di grave difficoltà, il singolo individuo può trarne grande vantaggio: ci sono meno legami (valori, obbedienze) che lo intralciano nella sua scoperta di se stesso. E questa scoperta, quando la si affronta con una sufficiente autonomia di giudizio, svela enormi potenzialità, che nel vivere collettivo non si notavano. Quella che comincia allora è una evoluzione personale, in netto contrasto con l’epoca. La chiamo anche «teologia del quotidiano», in riferimento a quei racconti biblici in cui Dio interviene nelle vicende del singolo individuo (Abramo, Giacobbe, Mosè ecc.) e gli mostra quanto siano spiritualmente grandi le cose di tutti i giorni, quando ci si mette in marcia verso un’evoluzione, una Terra Promessa. E parlo di «psicologia dell’Io», con la I maiuscola, perché l’io che allora si comincia a scoprire è incomparabilmente più grande di quello che si credeva di avere prima.

Il vero cambiamento è quindi ritrovare il nostro IO.
Il fatto è che spesso questo Io non ha sufficiente forza per opporsi alle logiche di potere, alle regole della società, ai sensi di colpa. Chi fra noi è capace di ascoltarsi interiormente per fare la propria scelta va a toccare la sofferenza della contraddizione dentro/fuori e torna a sentirsi piccolo, isolato.
Si potrebbe dire che l’errore sia proprio in quel suo “opporsi”. Ma come riuscire semplicemente a essere liberi in se stessi? Fra Evoluzione e Adattamento, quanto è realisticamente attuabile oggi la nostra libertà di scelta?
Non c’è nessuna ragione di opporsi a qualcosa che sta consumandosi già di per sé. Al nemico che scappa, ponti d’oro – dice il proverbio. Ai mostri agonizzanti, è sufficiente dedicare un po’ di comprensione, senza perder tempo a litigarci. È ciò che avviene anche oggi: invece di opporsi alle cosiddette logiche di potere e alle regole sociali sbagliate, è molto meglio guardare coraggiosamente al dopo. Pensare al futuro, precisarlo, volerlo, e cominciare a crearlo. Non è un futuro tanto lontano.

Nel tuo dvd Esegesi 3 – L’anima e la civiltà dici che per realizzare la rivoluzione proposta da Gesù occorre riuscire a immaginare un mondo fatto di IO in cui ciascuno conservi la propria singolare unicità, ma senza differenza alcuna di importanza, e senza possibilità di creare unione quando questa limiti l’immensità dell’individuo.
Abbiamo compreso che l’Io non trova spazio in una vita conformata a una collettività impersonale.
Qual è allora il legame, il modo di stare in Relazione fra i singoli IO? Come vivere in buona comunità?
Ci sono ottimi comandamenti al riguardo. Certo, sono tradotti un po’ male nelle edizioni della Bibbia, ma ragionandoci un po’ si può intuire che cosa intendeva in origine chi li scrisse. Uno dice: «Non desiderare quello che desiderano gli altri». Un altro: «Non chiamare Dio chi non ti fa uscire da una casa di schiavi». Un altro ancora: «Non amare qualcuno che ama un’altra persona». Sono tutte esortazioni al coraggio, alla lucidità, all’autenticità. Ne risulta un sistema di relazioni molto diverso da quello a cui siamo abituati – o meglio, a cui siamo rassegnati. E non c’è nessuna buona ragione per ignorarlo, pensando che sia antico. Noi siamo antichissimi, e aspettiamo da millenni di poter essere coraggiosamente noi stessi. Perciò le Scritture antiche, con i loro progetti da tanto tempo in attesa di realizzazione, sono un’ottima guida per il ragionamento.

 Il tuo lavoro attraversa innanzitutto una riscoperta dei significati delle parole, dei Testi Sacri, i miti, la letteratura, ritrovare il significato del linguaggio per ridare significato all’esistenza. “Creare un nuovo linguaggio è creare un mondo nuovo”. Questo sembra anche un compito comune, di tanti IO insieme, di un Noi…?
No. «Noi» è una parola che proprio non mi piace: ha prodotto troppo male, troppa infelicità. Tornando sui comandamenti, hai notato che si rivolgono sempre a un «tu» e mai a un «noi»? Qualsiasi ricerca spirituale ha senso e valore solo se è individuale; e qualsiasi società si possa desiderare per il futuro, ha senso e valore solo se in essa un «io» sommato a un altro «io» non dà come risultato due «io», ma ancor sempre uno e uno, ciascuno diverso, ciascuno unico.

 In questo periodo ti sta dedicando molto alla figura di Francesco d’Assisi, senz’altro uno dei più grandi rivoluzionari dell’umanità. Fuori dal mito rivisitato dalle convenzioni più per nascondere che per diffonderlo, che cosa ha da dirci il suo messaggio originale in questa nostra fase di cambiamento? In che modo Francesco è presente oggi?
A me sembra che lo sia moltissimo. Studiandolo, si ha la sensazione che Francesco abbia esaminato attentamente Marx e Freud, li abbia trovati molto interessanti ma non approvi il loro rifiuto di proporre soluzioni per il futuro. Francesco propone le sue, radicali, fin dal giorno in cui si spoglia in pubblico per staccarsi dal destino che gli aveva preparato il padre mercante. Spogliandosi così, intendeva dire: «Voi non siete il vestito; voi siete il corpo che c’è sotto: questo è vivo, e lo nascondete, lo domate, lo censurate, ci pensate il meno possibile e ci pensate male. Cambiate la vostra scala di valori, e cominciate a valutare il mondo e la vita a partire dal corpo, dai suoi bisogni e dalla sua bellezza». Oggi sarebbe urgentissimo. Poi, in Francesco, mi piace e mi sgomenta la vastità del pensiero: aveva una serie di idee enormi, e pochi mezzi per esprimerle (non c’era editoria allora, non c’erano i mezzi di comunicazione che abbiamo oggi). Per dire quelle sue idee, usa tutto il possibile, tutto se stesso, ogni momento della sua vita. E se si ricostruiscono coerentemente quelle sue idee, la cultura occidentale non basta a contenerle: bisogna per forza sconfinare verso altre culture, antiche e antichissime. Verso Dioniso, in Grecia. E Osiride, in Egitto. E soprattutto Shiva, che è un po’ lo strettissimo parente indiano di Francesco d’Assisi. Il che non significa che Francesco fosse uno studioso di religioni comparate, ma che scavando nel proprio Io ha trovato gli stessi pozzi di petrolio spirituale da cui erano sorti appunto Dioniso, Osiride, Shiva. E anche in questo è, naturalmente, attuale: dato che proprio di quei pozzi di petrolio abbiamo bisogno noi ora, per il nuovo fabbisogno energetico della nostra evoluzione.

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *